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Le dimissioni delle mamme

In italia sono più di 44 mila le donne che hanno lasciato il lavoro per occuparsi della famiglia

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Ieri sera ero ad un meeting pieno di giovani #donne #lavoratrici. Nel gruppo in cui mi sono ritrovata ero l'unica ad essere anche madre. "Come mai tante donne non lavorano? Potrebbero imparare la lingua e inserirsi nel mondo lavorativo olandese". Vero, però ci sono degli ostacoli oggettivi: imparare la lingua richiede costanza e impegno e, se i figli sono piccoli, non è tanto facile trovare il tempo e la concentrazione necessarie, inoltre l'accesso ai servizi è molto limitato, poiché sono sempre più ridotti e più costosi. 

Il numero di bambini nei Paesi Bassi è in continuo aumento, anche grazie ai migranti che giungono in questa nazione, ma mancano le/gli insegnanti, i servizi di cura dei più piccoli hanno dei costi troppo alti e, semplicemente, si rinuncia a una propria carriera lavorativa. 


Suona famigliare, giusto? Anche nei Paesi Bassi la difficoltà per le donne, soprattutto #migranti, nel trovare un'occupazione e mantenerla, sono tante. 

Nell'articolo del Fatto Quotidiano (lo trovi in fondo alla pagina) l'incipit è davvero di impatto "In Italia risulta ancora difficile, per le donneconciliare #figli e lavoro". In una frase si riassume il problema: la conciliazione riguarda le donne. 

L'anno scorso si sono dimesse più di 44 mila lavoratrici, quasi l'80% nella fascia tra i 29 e i 44 anni, per ragioni che vanno dalla mancanza di una rete di supporto intorno al nucleo famigliare, le distanze, gli orari, alla mancanza di flessibilità dell'azienda in cui si lavora. 

Il rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha quantificato il tempo che le donne dedicano alla cura di figli (o a parenti anziani o fragili): 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno. Per gli uomini un’ora e 48 minuti. 


L'alternativa per molte donne è quella del lavoro #part-time. Ma non tutte le aziende lo garantiscono. 

Tre osservazioni a riguardo:


  1. a 44 anni ritornare nel mondo del lavoro con un gap nel proprio resumé è come scalare una montagna: affronti pregiudizi legati al genere, al ruolo famigliare, all'età, al gap di competenze.

  2. la #dipendenzaeconomica rende noi donne più #vulnerabili: la #violenza di genere si combatte con il lavoro. 

  3. La riduzione dell'orario lavorativo non porta all'indipendenza economica ma solo al mantenimento del posto di lavoro, non porta ad una progresso nella propria carriera e, spesso, significa solo tanta fatica. 


Il problema è che cerchiamo di adattarci ad un mondo del lavoro che, così com'è oggi, non ha spazio per altro. Noi siamo multidimensionali, con le nostre famiglie, le amicizie, l'impegno civile, le passioni e gli interessi. Mentre il mondo del lavoro è ancora molto piatto, pieno di pregiudizi e stereotipi su come dovremmo essere (sempre attivi, sempre efficienti, sempre performanti). 

La conciliazione lavoro e famiglia dovrebbe iniziare con un alleanza, quella tra uomini e donne, allargando gli spazi lavorativi invece che appiattendo noi stessi per adattarci. 
 
 
 

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