Diario di una Expat. Cosa farò da grande?
- Chiara Marturano
- 16 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Sai che, tra i miei cappelli, c'è quello dell'insegnante di italiano per stranieri?

Ma come ci sono arrivata? E cosa ho imparato lungo il cammino?
Ad aprile dell’anno scorso mi chiama un’amica.
Mi dice: “Vado a vivere all’estero!”
In che senso? Non ci siamo già?!
“Sì, ma un po’ più all’estero.”
Tipo Australia?
“No dai, un po’ più vicino. Corea del Sud!”
Wow. Fico! Viva i K-drama!
Poi mi dice: “Devo lasciare il posto da insegnante di italiano. E ho pensato che, visto che hai fatto formazione, magari ti potrebbe interessare.”
Io?! Insegnare italiano?
Nella mia testa c'è un'esplosione! Non so ancora bene l’olandese. Le regole grammaticali? Le ho dimenticate tutte! Ogni volta che devo fare il plurale di arancia controllo se mantiene o perde la “i”. Cinque anni di classico chiusi in un cassetto, tumulati sotto il peso del Rocci! E, poi, come faccio a fare tutto il resto?
“Non lo so se me la sento.” “Ok, fammi sapere,” mi risponde, “ma penso che saresti perfetta.”
Piena di dubbi e timori, vado con la mia amica a vedere una sua lezione. Poi faccio i colloqui con le due organizzazioni per cui avrei dovuto sostituirla. Facciamo una lezione in co-conduzione. Lei è bravissima con l’olandese. Io come faccio? "Tutte abbiamo iniziato così. Vedrai che facendo lezione imparerai anche tu", mi dice.
Ci voglio provare. Senza improvvisare. Passo l’estate a studiare, progettare attività, creare schemi e materiali. Faccio ricerca, creo una didattica attiva e inizio a inventare dei giochi. E sì, l’esperienza nella formazione mi aiuta tanto: il tema è nuovo, ma il lavoro con le persone non lo è.
Prima lezione. Un mezzo disastro. “Come, non parli olandese?” “Poco! Ma me la cavo con l’inglese…e le presentazioni della grammatica sono tutte in olandese."
Dopo due settimane vorrei alzare bandiera bianca. Eppure entrare in aula mi viene naturale. Voglio che vada bene. Voglio diventare brava.
Mi dico: provo con le nuove classi. Con il gruppo delle 7:30, va abbastanza bene. Alle 8:30 arriva il secondo gruppo. Prima lezione di italiano per tutti loro.
E si accende una luce. Ridiamo, parliamo, mi aiutano. C’è un signore che soprannomino “Google Translate”: ha memorizzato tutto il dizionario italiano-olandese. Esco dall’aula volando.
Finalmente!
Cerco di capire cosa non funziona con l’altro gruppo. E mi rendo conto che non è né il mio metodo, né il mio olandese. Non sono un gelato e non posso piacere a tutti! Il counseling mi ha insegnato una cosa importante: non sono responsabile delle emozioni altrui. Ma della mia reazione ad esse, sì. Continuo a portare il mio entusiasmo e il clima, alla fina cambia.
Un anno dopo
Ovviamente, dopo un anno, faccio un bilancio. Voglio capire cosa ho imparato, e cosa posso fare meglio.
Rientrare in aula, anche se in un ruolo diverso, è generativo. Porto la mia creatività in questo progetto. Vedo le persone imparare, faticare, ma alla fine sono soddisfatte.
Miglioro anche con l’olandese. Insegnare mi stimola a studiarlo meglio. Creo corsi nuovi, trovo nuovi clienti e mi diverto. Tanto.
Plot twist.
Un giorno trovo una mail di sette anni fa. Prima ancora di mettere piede nei Paesi Bassi, mi proponevo come docente di italiano per una scuola di lingue. Ripenso a tutte le volte in cui il mio migliore amico mi ha detto, appena trasferita qui: “Dovresti provare a insegnare italiano.” Ripenso a tutte le volte in cui parlavo con la mia amica (quella che ora è in Corea) e, mentre raccontava delle sue lezioni, io pensavo: ‘Che bello, sarebbe fico provarci…’
Insomma… Era già lì questo lavoro. Ci pensavo da anni.
Cosa ho imparato e che magari risuonano anche per la tua storia.
La paura di non essere all’altezza può farti perdere un’opportunità importante.
L’insicurezza ti blocca, ti isola. E crea sofferenza.
Le visualizzazioni della te del futuro sono potentissime. Anche se fanno giri immensi prima di concretizzarsi.
Trovarti al posto giusto nel momento giusto è fortuna… ma ancora di più è riconoscere cosa sta succedendo intorno a te.
A volte capita che qualcuno ti veda, ti riconosca, e ti aiuti ad osservarti con i suoi occhi. Non succede spesso. Ma quando succede, è un regalo.
Tutto quello che fai, che impari, tutte le cose in cui diventi capace, i tuoi talenti fanno parte del tuo bagaglio. Può arrivare l’occasione in cui andare a riprendere tutti quei pezzi, combinarli e farli funzionare insieme



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